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mercoledì 4 marzo 2015

Intervista a Vlado Matelič

                 Vlado  Matelič , nato nel 1914 a Livške Ravne (Kobarid/Caporetto)


1996/05        Lato A                         Sabato 10 agosto 1996



Trascrizione originale con Write Now su Macintosh
convertita in Word su Mac nel 2002
revisionata con Word-Windows il 4.3.2015






01:37 «Non siete il primo» a intervistarmi sulla 1. GM… «l'anno scorso è venuta una televisione da Milano».
Vivo da solo, sono nato nel 1914, ho fatto 8 anni di naja, nelle isole, fino a Caprera. 
- Ne ho visti tanti che da queste parti hanno fatto il militare nelle isole, come mai? 
«Quelli che erano segnati come di dubbi sentimenti, via, tutti sulle isole. Anche se non avevamo fatto niente, bastava essere sloveni. Sui documenti e tutto quanto era segnato: cittadinanza italiana, origine slovena
03:30 Sto preparando un articolo su un vecchio attrezzo agricolo, un buratto per avena e orzo che ha scovato in un fienile, nei paesi della zona. L'articolo lo mando a un giornale bilingue di Cividale: il Novi Matajur (ma c'è anche il DOM), spiegando il meccanismo di funzionamento dell'attrezzo e tutto quanto, perché i giovani non lo conoscono più, anche perché la segale dal dopoguerra non è più coltivata in paese, mentre lo era prima della guerra. Non si coltivava però ajda, grano saraceno, che era invece coltivata, giù, dalle parti di Tolmino. Gli štrukli li facevamo con farina mista di segale e bianca, erano proprio una tradizione di ogni festa o quando si pranzava, ogni settimana, ci dovevano essere gli štrukli. […]
06:02 La strada sulla dorsale del Kolovrat da parte slovena, «noi la chiamiamo la strada di Osimo, del trattato di Osimo. Perché prima gli iugoslavi avevano occupato la strada sul versante verso Cividale [quella militare originaria], ma non era giusto … allora con il trattato di Osimo hanno fatto la strada nuova sul versante sloveno, ma hanno pagato gli italiani. Da quella strada si vede tutta la valle d'Isonzo e sulla destra prima che si arrivi lassù si vede tutto il Friuli, fino a Udine; oggi è buona giornata, non c'è foschia e … ».
- Si vedono trincee, fortificazioni? 
Sì, sono sul Kuk; anche sopra il Nagnoj - Zagradan sarebbe il passo di Solarje, è tutto assieme. Le fortificazioni più numerose però si vedono sulla strada da parte italiana, a Solarje, a Zagradan, da parte italiana.
08:25 - Mi dica di questa televisione che è venuta l’anno scorso, come si chiamava? 
Non mi ricordo. Hanno messo qui tutte le apparecchiature, mi hanno chiesto quello che mi ricordavo sulla prima guerra mondiale. Poi è venuta anche un'altra televisione, da Maribor, sempre per la prima guerra mondiale, perché le interessava il passaggio di Rommel, che è passato per di qua; era qui a casa mia, a Livške Ravne. 
- Come fa a saperlo? 
09:29 O Dio, noi eravamo profughi, però vicino, qua, verso Cividale, per la precisione a Potoki. E il giorno dopo la battaglia, due tre giorni dopo, eravamo già qui. E qui c'erano ancora i tedeschi ai quali Rommel aveva lasciato i prigionieri italiani. Erano pieni i fienili di questi poveracci. Poveracci, per me non erano tanto poveracci, perché sa come erano i bambini... avevo cinque anni quella volta. E qui nella nostra stanza è rimasto un ufficiale che li comandava. Con lui c'erano un paio di tedeschi, di cui non mi ricordo, ma dell'ufficiale mi ricordo, perché era qui a casa nostra e ci sono là dentro, glielo farò vedere, i segni degli scarponi con i chiodi a punte (sulle suole) che hanno lasciato sul tavolato delle stanze. Arrivati noi a casa, mio fratello che era del '99 e si chiamava Toni, faceva il falegname e ha piallato il pavimento, che era tutto bucherellato dalle scarpe dei tedeschi, però in una stanza sono rimasti ancora i segni degli scarponi chiodati sul pavimento e io non voglio che i miei figli lo tocchino.
11:20 Qui in tempo di guerra c'era anche il 'comando supremo' a casa nostra. C'era anche Vittorio Emanuele qui a casa nostra. 
Livške Ravne e i paesi ai piedi del Kolovrat erano tutti sfollati, perché c'era la seconda linea, mentre invece gli altri paesi che non erano sulla linea: Jevšček e Avsa, quelli no, quelli sono rimasti.
Noi siamo rimasti sempre a Potoki: per tre anni via da casa. Non eravamo trattati male. Poi lì eravamo nelle retrovie e c'erano le cucine dei militari, li chiamavano imboscati, quella volta…
12:51 Da Caporetto a Udine / Ci sono gli imboscati… c'era anche la canzone, mi ricordo ancora che cantavano, sull'aria de "Il General Cadorna ha scritto alla Regina / se vuoi veder Trieste ti mando una cartolina…".
Eravamo nelle case, nelle famiglie. Non ci trattavano male, si vede che i nostri prendevano anche qualcosa dagli italiani, ma io non sapevo queste cose.
Io avevo il fratello che poi venne chiamato alle armi, era del '99.
Perché gli italiani avevano fatto così, con le nostre famiglie: quelle che avevano in casa solo donne le mandavano fino a giù in Liguria, a Diano Marino, da quelle parti, verso il confine con la Francia.
Dove invece c'erano degli uomini che non erano stati mobilitati nell'esercito austriaco (come mio padre che ormai aveva una certa età e mio fratello che era ancora troppo giovane) in questo caso le famiglie restavano in zona e gli uomini e i ragazzi venivano adoperati per costruire le strade.
Le famiglie che erano in Liguria (le donne) avevano poi trovato lavoro a raccogliere le olive e hanno detto che si trovavano bene; però loro sono tornate a casa solo nel 1920, mentre noi siamo tornati già il giorno dopo, non appena gli italiani erano andati via.[...]
15:37 Sono il più vecchio di tutto l'ex comune di Luico/Livek e di tutte le frazioni, anche se fumo: ma io non aspiro il fumo…  Sono tuttora fisicamente a posto perché ho praticato tanto sport: lo sci. Ero nella nazionale italiana, prima di andare sotto le armi; fino al '35. Era il tempo di Chiarolli [?], Lacedelli. In quegli anni, 1930-31, la nazionale di Canin… tre anni ho partecipato, avevo 17 - 18 anni, ero il più giovane. O Dio, non ero negli Azzurri, ma nella nazionale. Poi sono andato sotto le armi e facevo l'istruttore perché dopo, quando ero già recluta nel '35 , ero ad Agrigento, dove ho fatto quasi un anno, poi mi hanno trasferito a Lecce, poi a Roccaraso dove ho fatto istruttore di sci nel corso per sciatori militari, a Roccaraso nell'Abruzzo.
17:38 Poi nel '48, ero ancora istruttore e ho fatto anche il diploma di maestro di sci. Per il resto, come lavoro, ero impiegato contabile nella cooperativa, fino a quando sono andato in pensione. Era la cooperativa agricola di Livek [?], dapprima qui nel paese, poi l'hanno portata giù a Caporetto e da Caporetto ho terminato di lavorare nella sede centrale a Tolmino. Nei primi anni andavo a lavorare a piedi; poi ho acquistato la moto e andavo con la moto. A Tolmino quella cooperativa esiste ancora.
Neppure sotto le armi stavo tanto male; dapprincipio facevo il furiere, poi ero nel vettovagliamento, prima al battaglione e poi anche in Sardegna, sempre al vettovagliamento, per il reggimento, (ma sempre nell'ufficio). Stavo bene, avevo tanta libertà, libera uscita; insomma me la sono passata bene: il fucile non l'ho adoperato. […]
20:07 Ritorno al paese [da profugi a Potoki] - Delle case, un paio erano diroccate, perché quando è venuto Rommel aveva l'artiglieria, non è che sia venuto solo, come hanno scritto. Qui a Ravne si è fermato, poi è andato giù a Luico dove ha avuto uno scontro con gli italiani (Livek e Golobi, è tutto lì, in quella pianura lì). Poi è andato a sinistra, che adesso è vicino il confine, a Jevšček; ha pernottato lì e il giorno dopo è andato sul Matajur, e ha occupato il Matajur dove c'era la brigata Salerno. Lassù ha avuto la prima medaglia, ed era oberleutnant, cioè era tenente, perché leutnant vuol dire sottotenente.
21:42 - La casa vostra com’era? Era rimasta in piedi? 
Sì. La nostra casa era intatta, anzi, hanno rifatto molto, con la guerra: hanno fatto la W.C. inglese, poi avevano preparato tutto quanto per portare anche acqua, qua dentro, perché prima si aveva solamente il pozzo, adesso è vent'anni che abbiamo l'acquedotto.
Prima l'acqua si prendeva nei pozzi, l'abbeveratoio per le mucche lo avevamo qua sotto il paese.
Gli italiani, appena arrivati nel '15, hanno portato subito l'acqua qui in paese. C' era un abbeveratoio in cemento per i muli e per i cavalli, peccato che l'abbiano distrutto ... la gente lo ha usato per una cosa e l'altra e adesso non c'è più, non c'è nessun segno.
23:18 La cisterna in cemento era qui vicino, cento metri sopra la strada, laggiù in fondo nel bosco. Quando sono venuti gli ingegneri idraulici (per l'acquedotto) li ho portati io laggiù … e si vedeva ancora qualcosa e io gli ho detto che lì si poteva ancora trovare dell'acqua, anche se ormai la cisterna era sotto la terra. «Vedete che è ancora buono, manca solo il coperchio di cemento». «Macché, ha detto lui», però poi l'hanno pulita per bene, ed è ancora intatta, in cemento, del '15, e serve ancora… solo che l'acqua la portano con delle pompe: ci sono 45 metri cubi e serve per tutte due le frazioni di Raune (di sopra e di sotto) e anche per la caserma dei Graniciari (polizia di confine).
25:00 La nostra casa durante la guerra è rimasta intatta, perché era la sede del comando. Per la verità prima si aveva la cucina, la grande cucina di una volta; noi non avevamo più il fogolar, qui. Avevamo la cucina economica in mattoni - la prima del comune - già dal 1906, quando è stata fatta la casa.
Era soprattutto mia mamma che stava bene di casa e aveva una buona dote, era qui dello stesso paese, come mio padre; erano entrambi contadini.
C'era la izba, come una grande stufa per fare il pane di segale, che poi serviva anche d'inverno, per riscaldare (si chiamava proprio izba, come quella dei russi). La “cucina economica” si chiamava invece cùchina (scritto Kuhinja), ed è stata la prima del comune, prima c'era solo il focolare, nelle case.
Eravamo in dieci in famiglia; io ero il più piccolo, e adesso sono rimasto solo. Mio padre si chiamava Anton. […]
28:31 All'epoca della guerra a Raune di Sopra c'erano otto case, e tranne un paio che avevano il tetto di paglia, le altre sono rimaste sane.
Tutto attorno al paese c'erano i reticolati, che poi sono stati raccolti e portati via da delle équipe apposite.
Qui, proprio davanti la mia casa, a dieci metri, per molti anni ancora dopo la guerra erano sepolti due soldati. [Morti] con l'arrivo di Rommel; un altro era qua dietro la casa, sepolto. Tutti morti a causa delle granate di artiglieria, non perché avessero cercato di resistere; erano granate provenienti da Volzana (Volče) e Tolmino, perché Rommel aveva l'appoggio dell'artiglieria.
Erano stati seppelliti subito dopo la battaglia dai tedeschi e dai prigionieri italiani che erano rimasti qui.
30:12 Noi si curava quelle tombe. E ricordo che poi quando sono venuti quelli che in termine militare li chiamavano i beccamorti, che andavano in giro a raccogliere quelle povere salme, io mi ricordo che ero proprio lì presente e hanno disseppellito questi soldati ed erano proprio nelle casse; hanno aperto le casse ed erano ben coperti con le coperte e sembravano intatti ancora. Ma appena smossi, li hanno dovuti raccogliere a pezzi. Erano rimaste solo le ossa e i vestiti; ma appena aperte le casse sembrava che fossero intatti; erano senza l'elmetto.
 
Grande guerra - Prima Guerra Mondiale
Esumazione salme di soldati italiani da tombe sparse - 1 (Biblioteca Joppi - UD)

Grande guerra - Prima Guerra Mondiale
Esumazione salme di soldati italiani da tombe sparse - 2 (Biblioteca Joppi - UD) 
«È stata segnalata al Comando Supremo la presenza di numerose sepolture sparse in tutto 
il territorio che fu teatro di azioni belliche  e specialmente nelle località che furono 
occupate dal nemico. Si dispone pertanto che le salme sparse vengano riesumate e seppellite 
nei cimiteri comunali o nei vicini cimiteri militari. [...]  
Le operazioni, che dovranno essere eseguite sotto la sorveglianza dell'Ufficiale sanitario, [...]  
saranno fatte con le necessarie cautele; le salme scavate saranno, insieme con un po' della terra 
che le ricopre, collocate in casse [...] e trasportate nel luogo della nuova sepoltura».  
(Circolare 8 gennaio 1919 n. 49 ai Comandi d'Armata [...] a firma Sotto Capo di S.M. dell'Esercito  (Badoglio) in Camillo Pavan, Caporetto: storia, testimonianze, itinerari, p. 361) 
Grande guerra - Prima Guerra Mondiale 
Esumazione salme di soldati italiani da tombe sparse - 3 (Biblioteca Joppi - UD)
Trasporto al cimitero (provvisorio).

Un altro soldato invece, quando l'hanno disseppellito, aveva ancora la gavetta, le giberne e tutto.
Un altro soldato ancora (il quarto) era più sopra, e quello dicevano che stava scappando dalle trincee che c'erano lì sopra, nel Kuk, quando arrivò un colpo di granata e rimase sepolto nella buca provocata dall'esplosione, in mezzo al pietrisco, senza cassa né niente.
Anche lassù sono andato io a far vedere il luogo in cui era sepolto questo soldato, perché noi lo sapevamo.
Poi un altro era a un duecento metri di qui, verso il confine. Insomma ce n'erano tanti di morti, qua e là. E poi nelle trincee ce n'erano tanti, tanti, tanti ... sul monte Cucco, dove Rommel si è fermato, perché hanno fatto una resistenza gli italiani. Lì sul Cucco gli italiani si sono accorti dei tedeschi che avanzavano, mentre invece a Solarje, fino a Nagnoj, Rommel è arrivato all'improvviso, e ad ogni curva che facevano prendevano alla sprovvista un gran numero di italiani, perché erano disarmati e proprio non se l'aspettavano.
C'era una articolo sulla Domenica del Corriere del 50. anniversario e c'era anche un articolo con il diario di Rommel e ci sono le foto di questi paesi qua. Lo conservo ancora, e proprio l'altro giorno ho avuto la visita di un professore di Lubiana, che si interessava di queste cose e gliel'ho mostrato.
34:03 Ho proprio un archivio, che poi rimarrà qui in casa, per i figli, perché ho tre figli. Sono tutti giù, uno ha famiglia a Gorizia, poi ho una figlia che si è sposata qui vicino, a Luico, e così lei ogni tanto mi viene a trovare […]
La cisterna di cemento, dell'acqua, l'hanno pulita fuori e poi anche dentro. Noi muli, la mulerìa, all'epoca si andava a prendere acqua anche fino laggiù, ed era fredda quell'acqua. I genitori ci mandavano e noi eravamo tanti bambini quella volta, famiglie grandi.
C'era una pietra di cemento con su scritto la data del 1915 - anno in cui era stata costruita la vasca - poi il numero della territoriale e il nome e cognome del colonnello comandante. Io avevo messo da parte questo blocco di cemento, sempre con l'intenzione di portarlo su in casa. Ma chissà chi è stato... un disgraziato l'ha distrutto. Altrimenti adesso l'avrei mandata giù al museo.
36:50 Ha visto il museo di Caporetto ? Avevo intenzione di mandarlo lì giù, e invece l'ho trovato a pezzettini. Per me era troppo pesante trasportarlo, ma mi dicevo che magari con i miei figli avrei un giorno potuto farlo. Quello proprio mi dispiace. 
Sulle tombe dei soldati non c'erano delle croci, c'erano solo dei cumuli di terreno dove le giovani del paese portavano dei fiori, perché noi si continuava a falciare l'erba, lì nel nostro campo. Sono rimaste lì per parecchio tempo, perché io ero grandicello quando sono venuti a raccogliere i morti.
37:56 Anche i prigionieri qui, dopo la battaglia, erano liberi. C'erano sì dei reticolati attorno al paese, c'erano sì, va bene… ma i prigionieri sono rimasti qui, finché sono ritornati gli italiani che li hanno liberati..
Di fatto comunque, anche sotto i tedeschi erano liberi, dormivano nei fienili, se la sono anche passata bene, ma pativano la fame, perché noi non avevamo niente […]
39:07 Quando eravamo andati profughi avevamo lasciato in paese le mucche, ma quando siamo ritornati indietro non c'era più niente. Si andava a far la spesa a Luico, si avevano le tessere italiane, e mia mamma andava ogni tanto a prendere qualcosa per la famiglia; poi dopo, pian piano si è ripreso a coltivare, a piantare le patate. Ma in quell'anno lì che gli italiani sono andati via e sono rimasti qui i prigionieri, è stata dura anche per noi. Di tedeschi (austriaci?) ne erano di fatto rimasti solo un paio qui in paese, a sorvegliare i prigionieri; perché anche le guardie se le facevano fra di loro, gli stessi prigionieri; c'erano delle garitte di legno, ogni tanti metri, e i prigionieri stessi montavano di sentinella, sia pure senza armi, per forma. Tanto, scappare dove? non gli conveniva, finché continuava la guerra.
Assieme a noi, dopo la battaglia, ritornarono circa metà delle famiglie, le altre come le ho detto erano andate a Diano Marino.
Mi ricordo come stavo bene a Potoki, dove c'erano le cucine. Ero bocia, di due tre anni; i cucinieri mi volevano bene. Andavo in cucina e mi infilavano su delle stecche dei pezzi di carne…


1996.05 - Lato B


41:20 Mi mostra una stufa in terracotta dipinta di verde che conserva nella stanza con tavolato in legno dove si vedono tracce dei segni lasciati dagli scarponi tedeschi.
La stufa è ancora del '15 e ce l’hanno lasciata gli italiani. E' una stufa che ci vuole un po' di tecnica per accenderla, però poi tiene il caldo per tre giorni (ce n'è un'altra in un'altra stanza): era per gli ufficiali che dormivano qui.
Nella stessa stanza c'era poi la cucina economica (o la izba?) tutta rivestita di ceramica, con i bordi tutt'attorno di ottone, era la grande stufa che serviva anche come forno per il pane e gli italiani l'avevano buttata fuori, perché la stanza gli serviva per fare ufficio. Poi i nostri vecchi l'hanno rifatta, ma hanno distrutto quella vecchia, per prendere le piastrelle. Era bella, era alta fin su (al soffitto), roba di un valore inestimabile.
43:25 Mi mostra un diploma che ha vinto da ragazzo, secondo premio a Luico in una gara di sci nel 1929 (il 3. Marzo, nella categoria incoraggiamento; medaglia di bronzo grande), firmata dal colonnello Nasci, comandante dell'8° Reggimento Alpini, che poi ha comandato le truppe italiane in Russia. 
Avevo quindici anni, avevo appena cominciato. Erano gli alpini di Cividale; c'era un certo capitano Mazzini che, con i muli, ci ha portato i primi sci, perché prima si avevano gli sci fatti in casa.
Ci portò quegli sci verdi, degli alpini, per noi era un valore!
Il nome del col. [Gabriele] Nasci, poi generale, lo ho sentito proprio pochi giorni fa alla televisione, come quello del comandante delle truppe italiane in Russia, e poi lo avevo letto anche nel libro Centomila gavette di ghiaccio.
(45:13 fine intervista)

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